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Domenica 24 Novembre 2024

Uccisi e bruciati: 4 delitti in due settimane. Due donne nel commando di Caivano. Ipotesi vendetta per l’omicidio del boss Pellino

20140221_20140221_123029Napoli, 22 febbraio 2014 – Ci sono cosche che sembrano un’accozzaglia di cattivi ragazzi. E sono i nomi nuovi della camorra. Che nulla hanno a che vedere coi nomi storici, intramontabili. Nomi di mala cresciuta e divenuta potente e spregiudicata nella lotta tra confederazioni Nco e Nuova Famiglia. Gente che quando uccide, usa professionisti. E quando si vendica, lo fa seguendo schemi da sceneggiature thriller. C’è un filo piuttosto robusto che unisce almeno tre dei quattro morti carbonizzati in appena due settimane. L’ultimo ieri mattina a Grumo Nevano. Resti di un corpo che apparteneva a Ciro Scarpa, 42 anni, pregiudicato, noto con l’alias di “pallino”, vicino al clan Cennamo di Crispano, costola dei più potenti Moccia. Il cadavere era in una Fiat Multipla data completamente alle fiamme in un tratto di campagna che costeggia via Cupa San Domenico, nel comune di Grumo Nevano. Una morte atroce. Sul corpo il medico legale non ha trovato tracce di colpi di arma da fuoco. Segno evidente che Scarpa potrebbe essere stato bruciato quando era ancora vivo. Uomo vicino ai Cennamo, si diceva. Così come lo erano quegli altri due uomini assassinati e dati alle fiamme con l’auto nella quale sono stati trovati poco meno di una settimana fa: Aniello Ambrosio, 42 anni e Vincenzo Montino, 30 anni, entrambi pregiudicati e legati al clan di Crispano, per conto del quale hanno gestito, negli anni scorsi, il mercato della droga ed il business del racket. I loro cadaveri carbonizzati furono ritrovati in una Fiat Punto data alle fiamme lunedì alla periferia di Caivano. Su questo delitto ciò che sta emergendo è singolare, prima ancora che agghiacciante. Dalle immagini immortalate dal circuito di sorveglianza di un’azienda vicina al luogo del ritrovamento, Ambrosio e Montino sono giunti alla periferia industriale di Caivano in compagnia di due donne. Ragazze sulla trentina, le cui figure sono state viste scendere dall’auto che pochi istanti più tardi è stata data alle fiamme. Dalla perizia medico legale è emerso che i due pregiudicati erano stati assassinati poco prima con due colpi di pistola a testa. Esplosi, probabilmente, da qualcuno che li attendeva in quelle campagne e che aveva teso una trappola grazie a quelle due seduttrici occasionali. I corpi erano infatti stessi su sedili che erano stati ribaltati. Si cerca un collegamento con un altro omicidio con le stesse modalità: quello di Antonio Iavarone, trovato carbonizzato il 6 febbraio in una Scenic alla periferia di Giugliano. Un’indagine complicata. Ma un teorema c’è: si parte dall’uccisione, due anni fa a Nettuno, di Modestino Pellino, fratello del capoclan dei Cennamo. A novembre sono stati assassinati i fiancheggiatori di quel delitto. All’appello mancano ancora gli esecutori materiali.

(giuseppe porzio)

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